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Liliana Segre nel film-testamento, 'così ho vissuto'
Su Rai3 in prima tv domani il documentario di Gabbai
(di Alessandra Magliaro) Affronta il dolore di una esperienza indicibile, si mostra con la famiglia non senza complicazioni, si apre al pubblico con generosità, si fa conoscere meglio di quanto non abbia già fatto in questi anni, a costo - ormai è storia nota - di attirare l'odio social, ma Liliana Segre, classe 1930, mantiene la lucidità implacabile di "essere Segre", oggi una delle ultime persone a testimoniare la Shoah. "Essere Segre" ossia costretta a ricordare la sua storia impressa in quel numero tatuato sul braccio ad Auschwitz a 13 anni, 75190 per il semplice fatto razzista di essere ebrea, costretta ma al tempo stesso determinata ad esserlo nel momento in cui molti anni fa ha scelto di farsi simbolo, testimone, memoria per le nuove generazioni. La senatrice a vita è anche Liliana, l'ex bimba di Corso Magenta 55 a Milano con la famiglia sterminata, poi innamorata, moglie, madre, nonna, passaggi che per una donna come lei non sono comuni né scontati. Questa storia unica è in 'Liliana', il film documentario di Ruggero Gabbai in onda domani 24 aprile alle 21.20 su Rai3. Dopo la premiere alla Festa di Roma, l'uscita evento in oltre 250 sale nel Giorno della Memoria a fine gennaio, arriva in tv questo commovente e potente film-testamento che ha il grande valore di restituire al pubblico una donna con una vita eccezionale, entrando nel dettaglio di tutta la sua esistenza e documentando anche il suo privato, che comprende solitudine, depressione, pessimismo, e per la prima (e unica) volta fa parlare anche i figli Federica e Alberto e il nipote Filippo. Il film di Gabbai, sorvolando l'ondata di odio di cui è stato oggetto a gennaio sui social, è costruito intorno a storiche interviste di inizio anni '90 custodite nell'archivio della fondazione ebraica Cdec e a un'altra intervista realizzata a settembre 2024 nella sinagoga di Pesaro e al mare. A volere il film sono stati soprattutto i figli, consapevoli dell'eccezionalità di quella madre che per 45 anni non ha detto nulla della sua esperienza, "il ricordo non mi ha mai abbandonato ma ho dovuto aspettare di diventare nonna per avere dentro di me la forza di testimoniare", dice. Da allora non ha mai smesso, diventando motore di tanti segni per non dimenticare primo fra tutti Binario 21, il memoriale della Shoah alla stazione di Milano. Nel film racconta di avere costante nella sua vita il pessimismo e oggi? "Il pessimismo vive in me, persino in antitesi con me stessa che, uscendo da Auschwitz ed evitando di uccidere il mio aguzzino tedesco, avevo scelto di non odiare, avevo scelto la vita. Durante la marcia della morte - ha risposto all'ANSA - non avevo scelta, dovevo camminare per vivere. E così oggi sono pessimista ma non posso fare a meno di mettere una gamba davanti l'altra anche in un momento orribile come questo". Il pessimismo le fa aggiungere che "tra 30 anni sulla Shoah ci sarà nei libri un rigo e poi neanche più quello e non solo per merito dei negazionisti sempre attivi. Con il tempo che passa si dimentica tutto, non solo la Shoah. Alcuni paesi poi come la Germania hanno fatto un grande lavoro di elaborazione del passato, in Francia no e in Italia ritengo neppure. Io ho fatto la mia piccola parte di donna di pace che non ha concepito la vendetta, sono vecchia e mi fa essere serena, anche se questa recrudescenza di antisemitismo, lo ammetto, non me lo aspettavo" ha aggiunto Segre costretta a essere protetta dalla scorta. "Liliana" ripercorre ogni tappa della sua vita, un racconto ascoltato già in altre occasioni, quello che però il film svela riguarda i figli e anche il trauma di esserlo. In una scena terribile Federica Belli Pace racconta che a 13 anni la madre le lesse il suo diario della prigionia, "qualcosa - dice la figlia - di terapeutico per lei che aveva vissuto Auschwitz a quell'età, traumatico per me". Ha ammesso oggi con sincerità Liliana Segre: "Non mi ricordavo di essere stata così orribile, sono pentitissima di aver fatto una cosa del genere, non penso di aver fatto bene a lei e non mi riconosco neanche in una madre che ha una ragazzina di 13 anni, sapendo come si è a quell'età e avendo provato il peggio, va a raccontare a lei dei fatti" ha detto illuminando il vissuto tremendo delle seconde generazioni dei deportati su cui poco si è raccontato in Italia. Nel film, Forma International, Lucky Red, Rai Cinema, intervengono anche Ferruccio De Bortoli, Mario Monti, Enrico Mentana, Geppi Cucciari, Fabio Fazio.
L.Torres--PC